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LA TIROIDE: FRA PASSATO PRESENTE E FUTURO

 

23 marzo 2024

 

I noduli tiroidei sono tra le patologie endocrine più comuni e vengono rilevati in circa il 5-7% della popolazione adulta, con prevalenza più elevata nel sesso femminile. In seguito all’utilizzo diffuso delle modalità di imaging — quali l'ecografia, la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica, ecodoppler carotidei — il riscontro incidentale di noduli tiroidei avviene con crescente frequenza, con prevalenza che può raggiungere il 50-60% nei soggetti adulti di sesso femminile. 
E’ altresì vero che nell’ambito dei noduli, la prevalenza di lesioni neoplastiche varia dal 5 al 15%, in rapporto a sesso, età e storia clinica. I noduli citologicamente benigni, normo-funzionanti e clinicamente asintomatici non richiedono di regola alcun intervento terapeutico.  Tuttavia, una quota minoritaria ma non trascurabile di essi si accresce progressivamente e può causare disturbi compressivi locali, variabili in rapporto a dimensioni e localizzazione anatomica della lesione. 
Strumenti indispensabili, oltre la clinica, per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico della patologia nodulare tiroidea sono rappresentati da un buon esame ecografico del collo e dalla citologia.
Sempre più in aumento negli ultimi decenni sono stati gli interventi chirurgici tiroidei per patologia benigna, a discapito di interventi più conservativi, con conseguenze sulla qualità di vita dei pazienti, oltre che sull’economia sanitaria. Ad oggi sono diverse le metodiche di interventistica mini-invasiva che rappresentano valide alternative alla chirurgia tradizionale, se opportunamente impiegate nella condivisione con il paziente e in centri specializzati.
Un’appropriata caratterizzazione dei noduli tiroidei può orientare verso scelte diagnostiche e terapeutiche più congrue ed efficaci innanzitutto per il paziente e tanto più nell’ottica di percorsi diagnostico terapeutici standardizzati che vedono coinvolti differenti attori del sistema sanitario (medico di medicina generale, endocrinologo, radiologo, anatomopatologo, chirurgo, medico nucleare).
Un’ecografia del collo, in mani esperte,  condotta da parte di un operatore specialista, con esperienza nello studio della regione cervicale può essere dirimente nel descrivere la patologia nodulare nei suoi caratteri ecografici essenziali, assegnandole una classe di rischio di malignità, utilizzando i criteri di rischio TIRADS.  Allo stesso modo la scelta di eseguire l’agoaspirato si basa su algoritmi validati che integrano sospetto clinico, dimensioni del nodulo e livello di rischio ecografico, ed una refertazione citologica standardizzata è mandatoria al fine di poter tipizzare le lesioni nodulari e consentire allo specialista di scegliere il giusto approccio terapeutico e/o di follow-up.
A tal scopo la giusta condivisione delle conoscenze degli ambiti clinici, diagnostici e terapeutici in continuo aggiornamento della patologia nodulare tiroidea è essenziale per le varie figure professionali che si trovano a fronteggiare l’assistenza territoriale primaria della popolazione e l’assistenza specialistica dei pazienti endocrinologici tiroidei. La condivisione delle competenze multidisciplinari che inevitabilmente sono alla base della realizzazione di un appropriato ed efficace percorso di cura diagnostico-terapeutico consente di ottimizzare la formazione degli attori del team sanitario che prende in carico la persona con patologia nodulare tiroidea e di creare una sempre più efficiente rete territoriale caratterizzata da collaborazione, multidisciplinarietà, accessibilità alle cure.

Un cenno in questo assise di confronto fra specialisti endocrinologi e medici di medicina generale merita la spinosa questio della vitamina D, a noi tutti cara per le innumerevoli funzioni che svolge ma oggetto di molteplici dibattiti orientati  a districarsi fra le differenti metodiche di valutazione di laboratorio, le reali indicazioni alla richiesta del dosaggio di vitamina D, le fluttuanti normative in tema di prescrizione e rimborsabilità. Una tavola rotonda conclusiva che veda coinvolti endocrinologi, medici di medicina generale, biologi aiuterà a orientarsi sull’attuale scenario dell’impiego della vitamina D nella realtà clinica. 


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